Rimini, 22 aprile: Raffaele Fogliamanzillo, di 62 anni, uccide la moglie. Il movente è la gelosia. La motivazione addotta: depressione, stato ansioso e sindrome bipolare.
Fara Gera d’Adda (Bergamo), 22 aprile: Carlo Fumagalli, di circa 45 anni, uccide la compagna. Il movente è la non accettazione della fine della relazione. La motivazione addotta: cure psichiatriche in atto per deliri e allucinazioni.
Fogliamanzillo ha accoltellato la moglie perché era convinto che la donna avesse un amante. Immaginiamo per un attimo la vita della donna, Angela Avitabile: dover vivere con un uomo che la accusava ingiustamente di tradirlo, sicuramente insultandola e rendendole la vita dura. Sembra che le prime parole dopo l’arresto siano state: “Non volevo uccidere”. Viene da chiederci allora se secondo Fogliamanzillo sette coltellate fossero uguali a sette carezze.
Fumagalli invece, ha tentato il delitto perfetto. Tutto sommato poteva cavarsela: l’uomo ha provato a simulare un incidente, gettandosi nel fiume con l’auto e guadagnando la riva a nuoto, mentre la donna moriva annegata. Ma per stare tranquillo e fare le cose perbene, le ha tenuto la testa sott’acqua mentre lui, in apnea, la uccideva e poi nuotava per salvarsi. Al magistrato che l’ha interrogato, ha confessato che la sua intenzione era di uccidere Romina Vento, così si chiamava la vittima.
La scelta da fare è tra continuare a chiamarli raptus o chiamarli semplicemente femminicidi. Non basta più addurre una patologia psichiatrica oppure il classico raptus o qualsiasi altra cosa che in realtà non fa altro che giustificare l’ingiustificabile. Il pericolo è che queste notizie passino in secondo piano, vista la crisi politica in Europa e la guerra in Ucraina, e magari proprio per questo, uomini del genere rischino di potere farla franca.
(26 aprile 2022)
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