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Il 17 maggio l’OMS cancellò l’omosessualità dall’elenco delle malattie, evidentemente non per tutti

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La Giornata contro l’omofobia, trasfobia e bifobia si celebra il 17 maggio, per ricordare la data – 17 maggio 1990 – in cui l’OMS cancellò l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali.

In realtà qualcosa era cambiato già dal 1973, quando l’American Psychiatric Association decise di eliminare la diagnosi di omosessualità dal DSM, ossia dal manuale dei disturbi mentali dove, nel 1952,  era stata inserita come un disturbo sociopatico della personalità, e poi nel 1968, come devianza sessuale.

Il termine diagnosi riporta a una malattia, ad uno stato di alterazione dell’equilibrio psicofisico della persona, che può essere curato. Il nostro Paese presenta ancora molte lacune legislative e culturali, che portano invariabilmente a un’ignoranza e ad una paura che può sfociare nella violenza, Il mito del macho esiste e resiste, e con lui la fatica di dover dimostrare al mondo di esserlo, pena il declassamento alla vergognosa categoria di beta male. E lo stesso succede anche alle donne, dove il lesbismo scatena spesso pruderie da film di serie B.

Ma anche nel resto del mondo, non si scherza.

In Europa, i  diritti lgbtq+ non sempre vengono assicurati. Secondo Amnesty, la  Russia prevede forme molto severe di repressione dell’omosessualità, che vanno dalla multa al carcere, fino alla deportazione. Addirittura, è notizia di questi giorni, la messa in onda di un reality omofobo dal titolo “I’m not gay”, condotto dal parlamentare Milonov, dove i concorrenti, tutti maschi, dovranno dimostrare in otto puntate la loro eterosessualità, in modo da individuare e allontanare quello meno macho, bollandolo col marchio di infamia.

In Cina, secondo il Guardian, l’università di Shanghai ha chiesto ai college una lista di tutti gli studenti LGBTQ+ , con allegate informazioni del loro “stato mentale”.

Per non parlare degli Stati ove vige la pena di morte per omosessualità: Brunei, Iran, Mauritania, 12 Stati della Nigeria, Arabia Saudita e Yemen, che sono Paesi appartenenti alle Nazioni Unite.

La strada è ancora molto lunga, e poter arrivare a non avere più necessità di celebrare alcune date richiederà ancora molto tempo. Una cosa però dovrebbe essere chiara: siamo persone, non ruoli preconfezionati.

 

(17 maggio 2022)

©gaiaitalia.com 2022 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 


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